Caro Amico mio,
sono passati 4 mesi da quando ho saputo che non ti avrei mai
più visto e ancora oggi il cuore è piccolo piccolo.
Da quel giorno non è passata giornata senza che io ti abbia
pensato.
È strano e ingiusto allo stesso tempo: mesi, anni senza sentirci e poi
a pensarti ogni giorno quando non serve più a niente.
Le lacrime di coccodrillo, appunto.
Ancora non ho capito cosa sia successo e mi chiedo poi a
cosa serva capirlo.
Serve forse a farmene una ragione? Ma poi che ragione mi
devo fare?
Serve forse a smettere di pensarti. Di pensarti almeno in
questo modo! Perché adesso pensarti è sempre farsi la solita domande: “Perché?“.
Cammino per Arenzano e vedo i ragazzi fermi ad aspettare il
pullman per Voltri e mi ricordo di voi arenzanesi che venivate al Liceo con
quegli autobus diversi da noi genovesi; quei pullman che si usavano per le gite
e questo vi rendeva ancora più “villeggianti” ai nostri (miei almeno) occhi.
Sei “assente” su Skype! Assente come il mio collega che si è
alzato per andarsi a fumare una sigaretta! Che fredda che è la tecnologia. Sei
ancora su Twitter, con nuovi followers tracciati da quei tools automatici. Che
cinica che è la tecnologia!
Mi manchi amico mio. Mi manchi sempre di più, giorno dopo
giorno, mese dopo mese.
Non credo alla vita dopo la morte, all’anima e al paradiso,
ma se per caso sbagliassi – può succedere! – allora da lassù, perché lassù
saresti, mi piace pensare che tu possa sorridere un pochino a vedere questo
piccolo nanetto scrivere frasi sconnesse nel tentativo di dirti semplicemente “Ti
voglio bene!”.
Con affetto, Paolino.
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