martedì 2 marzo 2010

Il guerriero metropolitano

Alza lo sguardo serio e fiero verso la sua "armatura".
Il volto è gelido quanto i suoi occhi. La bocca è tesa completamente assente da qualsiasi smorfia. A disegnarla bastererre tirare una sottile linea retta tra le curve delle guance.
E' un rito che prepara a qualcosa, è evidente questo.
Il primo indumento, una sciarpa, viene accarezzato a lungo, quasi a volerlo tranquillizare.
Dovrà adattarsi perfettamente alla curva del collo. Dovrà portare tepore e difendere dal gelo di queste giornate preludio della primavera.
E' una gestualità ormai consolidata. Movimenti ripetuti mille e più volte.
La striscia di lana piegata in due per il lungo.
I due lembi che combaciano alla perfezione.
Ancora una lunga carezza per prepararla a ciò che sta per avvenire: la mano destra che entra nella grande asola che si è creata.
Un gesto armonioso, una svelta curva nell'aria e la sciarpa avvolge il collo. Un'ultima mossa, impercettibile, il vuoto nella lana viene riempito da altra lana e infine le mani che delicate ma allo stesso tempo ferme, fissano il nodo.
Adesso è il momento della pesante giacca.
Nuovamente lo sguardo sale verso il soffitto.
Sono gli occhi che guidano il volto: sembrano essere lo sterzo che guida il carro; le ruote che trascinano la carrozza.
Il profilo del mento traccia una breve linea curva che termina quando gli occhi inquadrano l'armatura.
Le mani raccolgono un perfetto e squadrato insieme di pieghe. Con sapiente maestria, le mani tengono il sacco per gli unici due punti possibili.
Non è percettibile il movimento che da il via alla magia, forse è la sola idea che impartisce l'ordine. Il sacco di nailon e piume si spiega fluido e preciso, svelando un caldo ed enorme giubbotto. Prima il braccio destro, poi il sinistro, i lembi che combaciano alla perfezione, un lieve suono metallico che sottolinea la chiusura di questo sipario che protegge il resto del corpo ancora indifeso e nasconde il punto debole della sciarpa: il nodo.
Non resta che imbracciare la tracolla.
Le mani afferrano la sacca per i moschettoni che la assicurano alla cinghia. Veloci le dita scorrono lungo la corda fino quasi a toccarsi. La tracolla passa sopra la testa e circonda il collo come una medaglia premia il vincitore. Veloce la mano destra buca il vuoto circondato dalla cinghia.
La sacca si accascia sul fianco del guerriero che ora è pronto per partire.

Non è di un samurai che ho descritto la vestizione, ma della testa di cazzo che stamattina si è alzato dal suo posto in treno con grande tranquillità.

Nessun commento:

Ti auguro di essere bruttina

Figlia mia, Nella vita io ti auguro di essere bruttina.  Non dico proprio brutta, ma quel tanto che basta per piacere a qualcuno che sp...