Il clima è teso, si respira un'aria pesante.
Preoccupanti nuvole grigie hanno superato da un po' la linea dell'orizzonte e portano con sé presagi di tempesta.
La tensione è fisica e si taglia col machete. Nasce dall'interno, cresce dal basso e spinge dall'esterno.
Sembriamo attendere le prime gocce di pioggia che poi si trasformino in burrasca, non sapendo con sicurezza come ci ritroveremo quando e se il cielo tornerà azzurro.
I nostri figli ci mettono alla prova, ci studiano e cercano di prenderci le misure.
La passione di un tempo vive sopita, tiepida come la brace sotto la cenere. A volte un soffio di rivolta smuove la polvere e per strada, nelle piazze, nei treni si rivede la voglia di un tempo lontano ma mai passato veramente.
Imbrigliati in una realtà che un po' abbiamo voluto e un po' ci siamo trovati addosso, andiamo avanti, turandoci il naso quando serve, svolgendo i nostri compiti al meglio delle nostre possibilità e circostanze ma soprattutto cercando di seguire dei principi che ad arte a volte calibriamo in corsa.
Si prova odio e amore e rabbia e felicità e tristezza e serenità e ansia e insicurezza e inadeguatezza e forza e voglia di tutto e voglia di niente e rassegnazione e voglia di sognare.
Viviamo nei sogni come fossero la realtà perché la realtà a volte non la capiamo o perché non ci piace o, peggio, perché ci fa paura.
Viviamo un futuro incerto, forse viviamo l'assenza di futuro.
Ci disgustiamo per quello che vediamo in giro, per la realtà che ci circonda, per l'ignoranza che ci rappresenta. Ci mancano i punti di riferimento e cerchiamo spasmodici di inventarne di nuovi.
Predichiamo il buon senso senza crederci troppo, diciamo sottovoce che la violenza a volte è inevitabile ma la paura di urlarlo ci frena e ci sopprime e ci sconfigge.
Parliamo bene, usiamo i congiuntivi e ci facciamo ridere dietro da donnaioli impenitenti e farabutti da quattro soldi.
Non capiamo come tutto ciò sia possibile ma, stanchi e svogliati e anestetizzati, ci giriamo dall'altra parte, ci beviamo un negroni, ci mangiamo una pizza, ci laviamo le mani, andiamo a letto la sera e ci svegliamo la mattina come se niente fosse.
In fede, Paolino.
venerdì 11 febbraio 2011
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5 commenti:
Che tristezza che mi hai messo... ma quanto è vero, Paolo!
Negroni, pizza.... Ti ho capito paolino. Cerchi di strappare un invito a cena da noi!
Lapo, l'hai capito finalmente???
Il telefono è acceso!
molto ben scritto, però è solo destruens... devi trovarci delle soluzioni a questo scivolìo lungo il piano inclinato della sciatteria meretricia! e intanto, le banche ci addebitano le nostre colpe sotto forma di commissioni aforistiche. il blog di puppo, un blog tabù di un puppo tabù. contro lo strategismo sanremese di luca e paolo.
Luscia, grazie per il "molto ben scritto" davvero.
Ma me la spieghi sta cosa del tabù?
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