giovedì 18 settembre 2008

Non ti mettere quella maglietta perché ormai ti è piccola

Passa il tempo e oltre a tutto il resto che evolve, mia figlia cresce e diventa sempre più interattiva (brutto termine ma i miei limiti IT mi privano di un lessico adeguato!!!).
Questo significa che se, come è, voglio far bene questo nuovo "lavoro" di padre, sempre di più devo costruire e migliorare il mio ruolo di educatore.
E nell'atto di educare, la parola "No!" vuoi o non vuoi la si incontra e la si deve affrontare.
"Non toccare!", "Non ti mettere le mani in bocca!", "Non urlare!", "No!" e basta.
Queste frasi si sentono, non ci sono storie.
Talvolta "Non toccare perché prendi la scossa", "Non ti mettere la mini in bocca che sono sporche", "Non urlare che ho mal di testa", "No! E basta!".
Mi trovo sempre più spesso a riflettere sul significato, o meglio, sui motivi dei no e non.
Certo, il non infilare le mani nella presa perché si prende la scossa va insegnato, e non penso sia saggio aspettare che l'esperienza personale lo insegni...
Ma al di là degli insegnamenti necessari, sono gli altri no che mi interessano.
C'è il rischio - è questo che sto maturando dalle mie riflessioni - che tante volte il no sia una scorciatoia; sia un voler far fare qualcosa come piace a noi o, peggio perché estemporaneo, come vorremmo in quel momento. Non a caso dopo il no per la scossa ho citato un no meno necessario.
"Non ti mettere le mani in bocca che sono sporche". Si certo, i batteri e i microbi possono portare malattie. Ma noi, io in primis, non ci mettiamo mai le mani in bocca (magari per mangiarci una pellicina) mentre, chessò, stiamo tornando a casa in treno dopo una giornata di lavoro? E non sono sporche le mani in quel momento? Ci ammaliamo tutte le volte? Beh, io no!
Se mi seguite, va da sé che il "non urlare perché ho mal di testa" è ancora più un ordine e non un insegnamento. Il "No e basta!" si commenta da sé.
Io credo (e voglio mettere in pratica) il no misurato. Il no col contagoccie. Il no necessario. Tutto il resto deve essere effetto di un'educazione più faticosa. Meno veloce e più pensata. Deve venire spontaneo che se ho il mal di testa nessuno mi urli nelle orecchie.
E deve essere altrettanto spontaneo (da parte mia questa volta) accettare comportamenti individuali che magari possono non piacermi ma che sono legittimi e una persona ha il diritto di poter fare tipo "Non ti mettere quella maglietta perché ormai ti è piccola".
Spero di non rileggere queste righe tra qualche anno e scoprirmi diverso da come vorrei essere.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Riflessioni interessanti e senza risposta certa le sue.

Se non l'avesse già fatto le suggerirei la lettura del libro "Il gestore di Ettore- Preistoria, storia, attualità e scomparsa del padre" di Luigi Zoja edizioni Bollati Boringhieri.

Non fraintenda non è l'ennesimo stupido manuale sul ruolo di genitore dove può trovare una tesi in un libro e il suo contrario in un altro.

Il libro parla dell’evoluzione storica, culturale e soprattutto psicologica della figura del padre. Dalla preistoria dove la natura ha premiato il comportamento del maschio che torna dalla caccia e che anche se inconsapevole del nesso tra accoppiamento e nascita aiuta la femmina nella cura ed educazione della prole.

Dal mondo Greco e romano che per compensare la debolezza del ruolo naturale del padre ne inventa un ruolo sociale e per compensare lo svantaggio sulla madre creatrice gli concede di riconoscere la paternità e assegnarne il cognome.

E' in quest'ottica derivante dalla sovrastruttura sociale che il padre assume anche il ruolo di colui che deve anche insegnare le leggi della società civile che possono essere in contrasto con l'istinto.

Cosa insegnare e come non sono tematiche trattate nel libro così come non è presente il capitolo "non ti mettere quella maglietta perchè ormai ti è piccola"

Verosimile ha detto...

Mio caro, a parte i casi "di vita o di morte", come "no altrimenti prendi la scossa", io preferisco che i miei figli imparino dall'esperienza i no della vita. Questo fa di loro delle bestioline un po' rustiche, sempre con le mani nella terra oppure arrampicati su un albero. A volte cadono si graffiano e imparano a conoscere i propri limiti e quindi i propri no. Cerco sempre di dare pochi "no", ma decisi. E' comunque un mio punto di vista, ogni genitore fa quello che ritiene migliore nel difficile processo educativo.

Paolino ha detto...

@Vero
Nella sostanza condivido il tuo approccio. Spero di dare alla mia bimba qualche "teoria" preventiva alle escoriazioni
@Anonimo
Illustrissimo, è con entusiasmo e non senza curiosità, che leggo il suo commento.
Me lo da qualche indizio circa la sua identità?

Anjin-san ha detto...

Beh, però fa senz'altro parte della vita anche il fare i conti con il malditesta di papà, che va maneggiato con cura se no lancia fiamme...
:)

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